Disturbi d'ansia

 

 

DISTURBO DI PANICO

  • Attacchi di panico inaspettati ricorrenti (vedi sintomi), ove almeno uno degli attacchi è stato seguito da 1 mese (o più) di uno (o più) dei seguenti sintomi:
    • preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico
    • preoccupazione a proposito delle implicazioni dell’attacco o delle sue conseguenze (per es., perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, “impazzire”)
    • significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi
  • Presenza o Assenza di agorafobia
  • Gli Attacchi di Panico non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o condizione medica generale
  • Gli Attacchi di Panico non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale

 

ATTACCO DI PANICO

Un attacco di panico consiste in un periodo preciso d’intensa paura (panico) o disagio, durante il quale quattro (o più) dei seguenti sintomi si sono sviluppati improvvisamente ed hanno raggiunto il picco nel giro di 10 minuti:

  • palpitazioni, cardiopalmo, o tachicardia
  • sudorazione
  • tremori fini o a grandi scosse
  • dispnea o sensazione di soffocamento
  • sensazione di asfissia
  • dolore o fastidio al petto
  • nausea o disturbi addominali
  • sensazioni di sbandamento, d’instabilità, di testa leggera o di svenimento
  • derealizzazione (sensazione d’irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da sé stessi)
  • paura di perdere il controllo o d’impazzire
  • paura di morire
  • parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
  • brividi o vampate di calore

 

DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO

  • ansia e preoccupazione eccessive (attesa apprensiva), che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di attività (come prestazioni lavorative o scolastiche)
  • La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione
  • Ansia e preoccupazione sono associate con tre (o più) dei sei sintomi seguenti (con almeno alcuni sintomi presenti per la maggior parte dei giorni negli ultimi 6 mesi).
    • Irrequietezza, o sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle
    • facile affaticabilità
    • difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria
    • irritabilità
    • tensione muscolare
    • alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, o sonno inquieto e insoddisfacente)
  • Oggetto dell’ansia e della preoccupazione non limitato alle caratteristiche di altri disturbi d’ansia specifici
  • Ansia, preoccupazione e sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti
  • Alterazione non dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o condizione medica generale



Attacco di Panico e Paura

Il termine “panico” deriva dal nome del dio greco Pan, esteriormente raffigurato con gambe e corna caprine, con zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto e dall’espressione terribile, capace di suscitare repentino e inspiegabile terrore nell’animo umano.

La caratteristica essenziale di un attacco di panico è un periodo preciso d’intensa paura o disagio, accompagnato da sintomi somatici e/o cognitivi. (Clicca qui per l’elenco dei sintomi).

In relazione alle modalità di esordio della sintomatologia e alle cause scatenanti vengono distinti tre tipi di attacchi di panico:

  • attacchi di panico inaspettati, cioè non associati a una causa scatenante ambientale; compaiono quindi “a ciel sereno” senza che il soggetto possa prevederne l’insorgenza
  • Attacchi di panico causati dalla situazione o contesto specifico
  • Attacchi di panico sensibili alla situazione, in cui la comparsa dei sintomi è frequente ma non necessariamente associata alla situazione


“L’attacco di panico sembra esprimere il dolore del nostro tempo, un dolore senza ragione apparente o logica. L’attacco di panico è definito dai pazienti come un male indicibile. Questa indicibilità sembra costituire il cuore dell’esperienza dell’attacco di panico, la sua essenza. Il paziente sa che obiettivamente non morirà, eppure continua ad avere paura di morire, sa che la tachicardia non è il segno di un infarto, eppure continua ad avere paura che il cuore gli scoppi da un momento all’altro, sa che il senso di soffocamento è dovuto a un meccanismo psicologico, eppure la sua paura è che non sia così. Quindi il senso dell’arcano, dell’indicibile che caratterizza questa esperienza non dipende dalla mancanza di categorie verbali in colui che la esperisce, bens’ dal tipo di esperienza in sé”. (M. S. Lobb, tratto da Francesetti, 2005)

“Da un punto di vista epidemiologico, il picco d’insorgenza di un primo attacco di panico si situa normalmente fra la tarda adolescenza e i 35 anni. […] Nel contesto attuale, questo periodo corrisponde a una fase del ciclo vitale caratterizzata dal distacco della famiglia d’origine e dalla acquisizione significativa di una maggiore indipendenza. È un momento in cui diventa preminente la ricerca di nuove appartenenze affettive e sociali, mentre si verifica la progressiva ricollocazione e il distacco da quelle precedenti. Questo passaggio diventa oggi molto delicato, in quanto è incerto e laborioso sia il radicamento nella propria famiglia d’origine, sa quello in via di costruzione […] Le appartenenze sono parte significativa del round che sostiene l’organismo e che costituisce lo sfondo di sicurezza. La sua instabilità espone l’organismo alla possibilità di crolli improvvisi e transitori dello sfondo e quindi all’esperienza dell’attacco di panico. Il soggetto che soffre di attacchi di panico è sospeso fra appartenenze passate che non sostengono più e appartenenze future che non sostengono ancora […] E’ probabile che l’attacco di panico insorga proprio quando l’autonomia del soggetto cresce più di quanto cresca il sostegno dato dalle appartenenze.

La relazione terapeutica fornisce il ground per attraversare e superare il panico e il senso di solitudine. La paura, infatti, come ogni altra emozione, non è un fenomeno intrapsichico, non appartiene al soggetto soltanto. Il vissuto è sempre esperienza di contatto al confine fra organismo e ambiente: la paura, ad esempio, è il risultato di una mancanza di sostegno ambientale. In questo senso solistico e relazionale non è corretto dire: “Questo bambino ha paura”, perché operiamo un indebita scissione artificiale. Dovremo dire: “Questo bambino in questa situazione e con il sostegno di cui può disporre sente paura”. Di conseguenza la domanda: “Come fargli passare la paura?” (o, peggio, l’affermazione “Non devi avere paura”) diventa: “Di quale sostegno ambientale ha bisogno e come può assimilarlo?”. Questa domanda dà la direzione fondamentale all’intervento terapeutico.” (Francesetti, 2005)

Francesetti, G. (2005). Attacchi di panico e postmodernità. Franco Angeli, Milano